Icone d’impresa
Gli oggetti d’impresa hanno fatto la nostra storia, plasmato l’immaginario, segnato un progresso tecnologico o accompagnato una storia d’amore. Utili e belli, ben disegnati. Potenti e misteriosi, sono figli dell’industria, di grandi visioni, di piccoli traguardi, e di tante invenzioni. Raccontano la creatività e l’ingegno italiani, che hanno dato forma al nostro futuro. Sono anche nei musei, ma si possono toccare. Please, touch!
«Credo che oggi l’automobile sia l’equivalente abbastanza esatto delle grandi cattedrali gotiche: voglio dire una grande creazione d’epoca, concepita appassionatamente da artisti ignoti, consumata nella sua immagine, se non nel suo uso, da tutto un popolo che si appropria con essa di un oggetto perfettamente magico». Così scriveva Roland Barthes nel libro Mythologies a proposito della nuova Citroën, la DS 19. Era il 1957 e tutto doveva ancora cominciare. L’industria, il boom economico, la rivoluzione dei modi di vivere e di pensare. Una nuova “età dell’oro”.
Quasi sessant’anni dopo, le grandi creazioni della nostra epoca prendono la parola. Non sono cattedrali, ma oggetti, icone d’impresa. Quelle che hanno fatto la storia di un Paese, plasmato l’immaginario di una nazione, segnato un progresso tecnologico o accompagnato una storia d’amore. Non sono cimeli, si comprano ancora, e funzionano. Oggetti, icone. Non sono sacri, ma domestici, cose di famiglia. Ci fanno simpatia. Per un ricordo, un colore, un’avventura ancora da immaginare. Servono a qualcosa. Utili, sì, ma anche belli. Spesso ben disegnati, da un architetto, un ingegnere o un artigiano sconosciuto. Sono per tutti, perché sono nati per arrivare dovunque. Grandi, piccoli, curiosi, potenti e misteriosi. Ci hanno fatto compiere un passo avanti nella storia. Sono tanti, impossibile nominarli tutti.
Questi oggetti, però, hanno una caratteristica in comune. Sono figli dell’industria, di grandi visioni o di piccoli traguardi, di rischi, sacrifici, fortuna. E di qualche scivolone. Sono la modernità, la nostra. Cultura del progetto e territorio, comunità e ricerca. Raccontano una storia d’impresa, il Made in Italy, e di tante imprese, le fabbriche, gli imprenditori, le maestranze. E insieme, le storie che non abbiamo ancora vissuto. Ah, stanno anche nei musei, ma si possono toccare. Please, touch! Solo così, nelle mani dei tessitori, John Kay ha visto volare il suo flying shuttle [foto sotto] che ha dato il via alla Rivoluzione industriale.
La storia delle nostre cattedrali l’abbiamo raccontata con i curatori degli archivi dei musei aziendali, associati a Museimpresa. Abbiamo scelto un oggetto-icona che rappresenta la loro identità – il più antico, il più venduto o il più curioso. Un simbolo, come la spoletta di Kay. Abbiamo scritto la sua biografia, come fosse un personaggio, e poi abbiamo ordinato le storie di questo magico mondo di oggetti secondo una linea temporale. Per mettere in mostra connessioni nascoste, cortocircuiti dell’immaginazione, salti e progressi della storia, iconografie fantastiche, belle come opere d’arte. E far così conoscere a tutti cosa c’è dietro una piccola, grande invenzione che ci accompagna ogni giorno.