GLI SPECIALI presenta Edoardo Camurri
Mercoledì 18 Maggio 2016
ore 17,30
Sala Conferenze Vincenzo Cardarelli
Viale Trento 18/e – Viterbo
Il Finnegans Wake, l’ultima e più ambiziosa opera di James Joyce, che unisce all’estrema e continua sperimentazione linguistica il tentativo di forzare da ogni lato i confini della forma romanzo, vede la luce nel 1939 dopo ben 17 anni di gestazione. «Il libro – dichiara l’autore – è il sogno del vecchio Finn che, morto, giace disteso lungo il fiume Anna Liffey e osserva la storia dell’Irlanda e del mondo – passato e futuro – scorrergli attraverso la mente come rifiuti sul fiume della vita». Il racconto di un sogno, dunque, espresso in un linguaggio tanto intraducibile che ancora oggi non è stato possibile fornirne una traduzione integrale in italiano. Negli anni ’60 quel poliedrico scrittore che era J. Rodolfo Wilcock, il «poeta» Wilcock, plurilingue inventore come lo stesso Joyce, tenta di elaborare un condensato in italiano di quest’opera, una traduzione che risulta ridottissima ma completa, quasi riconducesse quella che lui intitola La veglia di Finnegan alla perfezione della sua forma embrionale. E forse soltanto lui poteva riuscire in una simile impresa di riscrittura di fronte a un testo tanto impossibile. Nella presente edizione, l’originale di Joyce fa da contrappunto alla versione di Wilcock. Questa è preceduta da un denso saggio di Samuel Beckett, scritto su richiesta dello stesso Joyce al fine di inquadrare la sua poliforme creazione. Chiudono il volume una serie di testi (finora inediti in volume) che Wilcock, nel corso degli anni, ha dedicato alla figura di Joyce, analizzandone il rapporto con le proprie opere, con i luoghi (in particolare italiani: Trieste, Roma), e con gli altri maggiori autori della letteratura del ’900.
Edoardo Camurri, è nato a Torino trentasei anni fa. Di Torino conserva con tenerezza l’immagine delle vetrine delle antiche cioccolaterie che, tra velluti scuri e cornici dorate, sono arredate come le pompe funebri. Ora che vive stabilmente a Roma ha invece sviluppato uno scetticismo tardo imperiale che gli fa dire, quando gli chiedono la sua opinione sui fatti sconcertanti del nostro tempo, di essere a favore di tutte le cose buone e contrario a tutte quelle cattive. Scrive per il Foglio e per Vanity Fair e conduce su Radio Tre la trasmissione Pagina Tre. Il suo motto preferito è quello di un grande padre della patria come Ernesto Rossi: “Il più son balle”. Tra le sue distrazioni ci sono i libri di Wilcock, i gatti di Louis Wain e le ultime sonate per pianoforte di Beethoven. Tra le sue avversioni troviamo invece la buona conversazione, le prigioni e la morte.